venerdì 5 settembre 2014

L'uomo è morto

 Friedrich Nietzsche scrisse nel suo Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno circa la condizione dell'uomo in un contesto di superamento della soggezione alle religioni e alla creazione di una specie progressivamente superiore.

  «Una volta il peccato contro Dio era il peggior sacrilegio; ma Dio è morto, e perciò sono morti anche questi esseri sacrileghi. Peccare contro la terra, ecco la cosa piú terribile che si può fare oggi; stimare di piú le viscere dell’imperscrutabile che non il senso della terra! [...]
L’uomo è una corda annodata fra l’animale e il Superuomo, una corda tesa sopra un abisso.

Un pericoloso andar dall’altra parte, un pericoloso metà-cammino, un pericoloso guardarsi indietro, un pericoloso rabbrividire e star fermi.
Ciò che v’è di grande nell’uomo, è che egli è un ponte e non uno scopo: ciò che si può amare nell’uomo, è che egli è un passaggio e una caduta.»


In sintesti per il filosofo le condizioni possibili per l'uomo erano il pericoloso incedere e il pericoloso stare fermi, mentre l'unico "premio" era la metamorfosi da bestia in Superuomo.
La profetica scimmia del "kubrikiano" 2001 Odissea nello spazio che impugna l'osso per attaccare il nemico, giunge nello spazio attraverso indefinite generazioni in una sorta di miglioramento continuo.

Ebbene, nel XXI secolo, alla nascita di AI (artificial intelligence), il funambolico essere che percorreva la corda tesa è miseramente caduto in una progressiva diluizione dei valori etici.
Ciò che un tempo elevò la scimmia primordiale, ciò che le aveva permesso di comprendere l'astratto, viaggiare nell'inconsitenza dell'infinito, abbracciare la poesia dell'ignoto, è ormai svanito.

l'Uomo è definitivamente morto.

In questo mondo virtuale in cui ci ha catapultati Nietzsche oltre un secolo fa, non esiste l'attesa; non esiste la conferma, esiste soltanto la ricerca.
La condizione naturale in cui dovremmo esistere è quella di angosciati cercatori di un tesoro ignoto collocato all'interno del nostro cervello, non già di curiosi esploratori della società.

La Società non è che un insieme olistico di atomi definiti e non possiamo pensare che possa resistere se trasformata in un'amalgama di componenti identiche.
Dalla notte dei tempi, ancor prima che l'uomo esistesse, le comunità sono fondate sull'interazione dei singoli, sulle scelte individuali che appaiono oggi sempre più difficili da attuare.

Chi non sa estraniarsi dalla società non ne può essere parte integrante, si limita ad essere un componente.
Chi non sa essere uno non può che essere un pezzo di qualcosa più grande; ma l'uomo è piccolo e individuo,chi non è tale non è un uomo.

Non resta che attendere, affinché una nuova specie di funamboli risalga sulla fune e progredisca in quel cammino periglioso e continuo che rappresenta l'unica soluzione possibile all'oblio, attendere che nuovi uomini dotati di ingegno e iniziativa diano vita ad una nuova umanità.

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