martedì 10 giugno 2014

Camminare

è sinonimo di numerosi concetti, di idee e di azioni.

In questo momento camminare non può che farmi pensare alle montagne italiche su cui occasionalmente poggio rispettosamente le suole degli scarponi, quei luoghi ameni e inospitali, sebbene resi più gradevoli dal passaggio dell'uomo nel corso dei millenni e rese troppo gradevoli dalle infrastrutture dell'ultimo secolo.

La conquista positiva della natura ha allettatto a lungo le società, l'esplorazione del mondo ha occupato l'immaginario collettivo e quando si è pensato che non ci sarebbe stato più nulla da scoprire su questa terra ci si è rivolti allo spazio

Soltanto di recente il genere umano a trovato interessante esplorare sé stesso.

E' certamente non ne ha conosciuto ancora a sufficienza. La cultura delle masse ha posto l'accento su quell'atomistica parte che ne è l'individuo. Eppure dalla notte dei tempi indomiti pensatori hanno scandagliato, ognuno con il proprio bagaglio culturale, la psiche umana e tentato di elaborare teorie.
Che la filosofia si sia manifestata poi in religioni e scuole di pensiero è storia, come i conflitti che ne sono generati, ma tutte avevano un comune denominatore

Il cammino quale metafora di vita

Simbolo universalmente condiviso dello scorrere del tempo, della caducità della vita, della precarietà delle nostre convinzioni. Il cammino è un percorso mutevole, un panorama sempre diverso, è qualcosa su cui non poter fare affidamento o basare le proprie certezze, quelle stesse certezze fondamentali al nostro cammino.

E così camminare diventa un'azione priva di significato, poiché pensiamo che la nostra vita sia statica che sia un monolite di roccia, quello stesso monolite che pesantemente trasciniamo con noi e che più diventa grande gravato dalle nostre certezze, più difficile diventa il nostro cammino

Non si può camminare con un fardello troppo grande

Si soccombe e ci si ferma. Si resta a guardare lo scorrere dello spazio-tempo aggrappati a quella pietra che non sappiamo lasciare, a costruire un mondo di certezze cognitive sempre più rigido, ad alimentare questo monolite con eoni di staticità.

Eppure la vita è un cammino affascinante, che soltanto chi sa abbandonarne i gravami può vivere appieno.
Citando il maestro Lao, posso dire che «dall'essere viene il possesso, dal non-essere l'utilità» così negli oggetti, così nella vita.

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