venerdì 9 maggio 2014

Forma d'autore


L'autore non ha una forma, direte.

Eppure  io che da quindici anni vivo anche del diritto d'autore vi dico il contrario. Innanzi tutto sono qui a scriverne su un media non protetto, dove le mie parole potrebbero essere facilmente copiate, decontestualizzate e utilizzate perfino contro di me.

La forma dell'autore è quella in cui l'arte prende forma.

Il diritto d'autore è quello che infine appiattisce l'arte e ne lascia un vago sentore di mandorle amare. Avvelena l'aspetto artistico nel momento stesso in cui lo tutela.

Forse stiamo superando lo stato di diritto.

Entriamo in una nuova fase storica, abbiamo normato qualsiasi cosa e anzi attraverso enti specifici stiamo normalizzando tutto, creando norme per l'ortodossia della tecnica, le nostre icone quotidiane.
Il diritto normalizza, permette a tutti la chiara comprensione delle idee e l'espressione più ampia del sentimento di comunione e solidarietà.

Ma uccide l'arte.

Il diritto nell'arte riassume in sé i valori economici e politici, apre gli orizzonti non già all'artista più emozionante, bensì a quello che meglio sa commercializzare la propria immagine di produttore di pezzi unici.

La copia diventa quindi d'ostacolo.

Tralasciamo i copisti di dipinti che hanno storicamente avuto, in maniera più o meno lecita, il ruolo di diffusori della conoscenza e parliamo di altri mezzi. Parliamo di letteratura, musica, fotografia e cinema, che fondarono il loro successo proprio sulla diffusione. Chi non conosce Johann Guttenberg e la sua rivoluzionaria macchina a stampa, chi non conosce i fratelli Auguste e Louis Lumière che misero in movimento la fotografia.
Loro devono certamente il successo alla possibilità di replicare commercialmente i loro prodotti.

La copia è la fortuna dell'arte contemporanea.

E in questo secolo ne abbiamo testimonianza. La diffusione delle idee e dei contenuti è così capillare e veloce che diventa materialmente impossibile controllare l'origine.
Certo, il clouding ne è un ottimo tentativo, salvo che credo porterà non più alla duplicazione dei file, bensì alla duplicazione di intere banche dati.

La gente è disposta a pagare per le copie, un tempo gli autori più capaci erano anche più apprezzati, nell'etimologia economica del termine; pensiamo all'antichità, le opere che realizzavano venivano utilizzate per abbellire i muri degli edifici. Passando per il rinascimento anche gli edifici sono diventati sempre più oggetto del culto dell'arte. Apprezziamo la singolarità di un edificio non meno di quella di un quadro, o di una foto e non meno desideriamo averne copia.

I brevetti, il copyright, il diritto d'autore in generale.

Diventano sempre più emblema di un epoca che sta, almeno temporaneamente, tramontando. Forse non abbiamo ancora avuto modo di fare questa esperienza in cui non esiste tutela dell'autore.
La copia sfrenata, collegata alla veloce diffusione delle idee e quindi dei prodotti, consentirà a chi ha veramente idee innovative di emergere, consentirà a chi ha l'ardire commerciale di guadagnare, renderà tutto più frenetico etereo e democratico.
Forse il futurismo è nell'espressione del caos. Il futuro imprevedibile cancellerà magari il culto della persona o lo ridurrà ad una fugace esperienza, tanto da consacrare anarchicamente Andy Wahrol quale più grande filosofo della contemporaneità.

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